fonti francescane

Scritti e biografie di San Francesco

Il sentiero di Francesco ripercorre le stesse strade calcate numerose volte dal Poverello e, come narrano i biografi, tocca molti luoghi legati alla vita del Santo e ricchi della sua profonda spiritualità.

Conversione del ferocissimo lupo di Gubbio

1852 Al tempo che santo Francesco dimorava nella città di Agobbio, nel contado d’ Agobbio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini, in tanto che tutti i cittadini stavano in gran paura, però che spesse volte s’appressava alla città; e tutti andavano armati quando uscivano della città, come s’eglino andassono a combattere, e con tutto ciò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo. E per paura di questo lupo e’ vennono a tanto, che nessuno era ardito d’uscire fuori della terra.
Per la qual cosa avendo compassione santo Francesco agli uomini della terra, sì volle uscire fuori a questo lupo, bene che li cittadini al tutto non gliel consigliavano, e facendosi il segno della santissima croce, uscì fuori della terra egli co’ suoi compagni, tutta la sua confidanza ponendo in Dio. E dubitando gli altri di andare più oltre, santo Francesco prese il cammino inverso il luogo dove era il lupo. Ed ecco che, vedendo molti cittadini li quali erano venuti a vedere cotesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a santo Francesco, con la bocca aperta; ed appressandosi a lui santo Francesco gli fa il segno della santissima croce, e chiamollo a sè e disse così: «Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male nè a me nè a persona». Mirabile cosa a dire!Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre; e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere. E santo Francesco gli parlò così: «Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, e hai fatti grandi malifici, guastando e uccidendo le creature di Dio sanza sua licenza, e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d’ uccidere uomini fatti alla immagine di Dio; per la qual cosa tu se’ degno delle forche come ladro e omicida pessimo; e ogni gente grida e mormora di te, e tutta questa terra t’è nemica. Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro, sicchè tu non gli offenda più, ed eglino ti perdonino ogni passata offesa, e nè li uomini nè li cani ti perseguitino più». E dette queste parole, il lupo con atti di corpo e di coda e di orecchi e con inchinare il capo mostrava d’accettare ciò che santo Francesco dicea e di volerlo osservare. Allora santo Francesco disse: «Frate lupo, poichè ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto ch’ io ti farò dare le spese continuamente, mentre tu viverai, dagli uomini di questa terra, sicchè tu non patirai più fame; imperò che io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male. Ma poich’io t’ accatto questa grazia, io voglio, frate lupo, che tu mi imprometta che tu non nocerai mai a nessuna persona umana nè ad animale: promettimi tu questo?». E il lupo, con inchinare di capo, fece evidente segnale che ‘I prometteva. E santo Francesco sì dice: «Frate lupo, io voglio che tu mi facci fede di questa promessa, acciò ch’ io me ne possa bene fidare». E distendendo la mano santo Francesco per ricevere la sua fede, il lupo levò su il piè ritto dinanzi, e dimesticamente lo puose sopra la mano di santo Francesco, dandogli quello segnale ch’ egli potea di fede.
E allora disse santo Francesco: «Frate lupo, io ti comando nel nome di Gesù Cristo, che tu venga ora meco sanza dubitare di nulla, e andiamo a fermare questa pace al nome di Dio». E il lupo ubbidiente se ne va con lui a modo d’ uno agnello mansueto; di che li cittadini, vedendo questo, fortemente si maravigliavano. E subitamente questa novità si seppe per tutta la città; di che ogni gente, maschi e femmine, grandi e piccioli, giovani e vecchi, traggono alla piazza a vedere il lupo con santo Francesco. Ed essendo ivi bene raunato tutto ‘l popolo, levasi su santo Francesco e predica loro, dicendo, tra l’altre cose, come per li peccati Iddio permette cotali cose e pestilenze, e troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ci ha a durare eternalemente alli dannati, che non è la rabbia dello lupo il quale non può uccidere se non il corpo: « quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca d’ un piccolo animale. Tornate dunque, carissimi, a Dio e fate degna penitenza de’ vostri peccati, e Iddio vi libererà del lupo nel presente e nel futuro dal fuoco infernale». E fatta la predica, disse santo Francesco: « Udite, fratelli miei: frate lupo che è qui dinanzi da voi, sì m’ha promesso, e fattomene fede, di far pace con voi e di non oífendervi mai in cosa nessuna, e voi gli promettete di dargli ogni dì le cose necessarie; ed io v’entro mallevadore per lui che ‘l patto della pace egli osserverà fermamente». Allora tutto il popolo a una voce promise di nutricarlo continovamente. E santo Francesco, dinanzi a tutti, disse al lupo: «E tu, frate lupo, prometti d’ osservare a costoro il patto della pace, che tu non offenda nè gli uomini, né gli animali nè nessuna creatura?». E il lupo inginocchiasi e inchina il capo e con atti mansueti di corpo e di coda e d’orecchi dimostrava, quanto è possibile, di volere servare loro ogni patto. Dice santo Francesco: «Frate lupo, io voglio che come tu mi desti fede di questa promessa fuori della porta, così dinanzi a tutto il popolo mi dia fede della tua promessa, che tu non mi ingannerai della mia promessa e malleveria ch’ io ho fatta per te». Allora il lupo levando il piè ritto, sì ‘I puose in mano di santo Francesco. Onde tra questo atto e gli altri detti di sopra fu tanta allegrezza e ammirazione in tutto il popolo, sì per la divozione del Santo e sì per la novità del miracolo e sì per la pace del lupo, che tutti incominciarono a gridare al cielo, laudando e benedicendo Iddio, il quale sì avea loro mandato santo Francesco, che per li suoi meriti gli avea liberati dalla bocca della crudele bestia. E poi il detto lupo vivette due anni in Agobbio, ed entravasi dimesticamente per le case a uscio a uscio, sanza fare male a persona e sanza esserne fatto a lui, e fu nutricato cortesemente dalla gente, e andandosi così per la terra e per le case, giammai nessuno cane gli abbaiava drieto. Finalmente dopo due anni frate lupo sì si morì di vecchiaia, di che li cittadini molto si dolsono, imperò che veggendolo andare così mansueto per la città, si raccordavano meglio della virtù e santità di santo Francesco.

698 111. Già da altre pagine risulta abbastanza chiaro che la sua parola era di una potenza sorprendente anche a riguardo degli animali. Tuttavia toccherò appena un episodio che ho alla mano.
Il servo dell’Altissimo era stato ospitato una sera presso il monastero di San Verecondo, in diocesi di Gubbio, e nella notte una pecora partorì un agnellino. Vi era nel chiuso una scrofa quanto mai crudele, che, senza pietà per la vita dell’innocente, lo uccise con morso feroce.
Al mattino, alzatisi, trovano l’agnellino morto e riconoscono con certezza che proprio la scrofa è colpevole di quel delitto. All’udire tutto questo, il pio padre si commuove, e ricordandosi di un altro Agnello, piange davanti a tutti l’agnellino morto: «Ohimé, frate agnellino, animale innocente, simbolo vivo sempre utile agli uomini! Sia maledetta quell’empia che ti ha ucciso e nessuno, uomo o bestia, mangi della sua carne!».
Incredibile! La scrofa malvagia cominciò subito a star male, e dopo aver pagato il fio in tre giorni di sofferenze, alla fine subì una morte vendicatrice. Fu poi gettata nel fossato del monastero, dove rimase a lungo e, seccatasi come un legno, non servì di cibo a nessuno per quanto affamato.

346 16. Vestito di cenci, colui che un tempo si adornava di abiti purpurei, se ne va per una selva, cantando le lodi di Dio in francese. Ad un tratto, alcuni manigoldi si precipitano su di lui, domandandogli brutalmente chi sia. L’uomo di Dio risponde impavido e sicuro: «Sono l’araldo del gran Re; vi interessa questo?». Quelli lo percuotono e lo gettano in una fossa piena di neve, dicendo: «Stattene lì, zotico araldo di Dio!». Ma egli, guardandosi attorno e scossasi di dosso la neve, appena i briganti sono spariti balza fuori dalla fossa e, tutto giulivo, riprende a cantare a gran voce, riempiendo il bosco con le lodi al Creatore di tutte le cose.

347 Finalmente arriva ad un monastero, dove rimane parecchi giorni a far da sguattero di cucina. Per vestirsi ha un semplice camiciotto e chiede per cibarsi almeno un po’ di brodo; ma non trovando pietà e neppure qualche vecchio abito, riparte, non per sdegno, ma per necessità, e si porta nella città di Gubbio. Qui da un vecchio amico riceve in dono una povera tonaca. Qualche tempo dopo, divulgandosi ovunque la fama di Francesco, il priore di quel monastero, pentitosi del trattamento usatogli, venne a chiedergli perdono, in nome del Signore, per sé e i suoi confratelli.

2250 2. Proprio nei dintorni di questo monastero il beato Francesco aveva radunato il Capitolo dei primi trecento frati. In quell’occasione, l’abate e i monaci li avevano generosamente provveduti di tutto il necessario, secondo le loro possibilità: pane di orzo, di frumento, di surco e di miglio con larghezza, acqua limpida per bere e vino di mele diluito con acqua per i più deboli, fave e legumi in abbondanza. Così ci ha tramandato il vecchio sacerdote Andrea, che era stato presente.